DIRITTO CIVILE


IL BENE ASSEGNATO A TITOLO DI DIVISIONE EREDITARIA A UN CONDIVIDENTE, IL QUALE SIA CONIUGATO IN REGIME DI COMUNIONE LEGALE DEI BENI, DEVE CONSIDERARSI ESCLUSO DA DETTA COMUNIONE, ANCHE QUALORA L’ASSEGNATARIO ABBIA VERSATO AI CONDIVIDENTI UN CONGUAGLIO IN DENARO.


Corte di Cassazione, Sezione II Civile,
Sentenza 24 maggio 2021, n. 14105



"Il bene assegnato in sede di divisione della comunione ereditaria non configura un acquisto ai 
sensi dell’art. 177, comma 1, lett. a), c.c., neanche quando sia previsto un conguaglio in denaro. Tanto l’assegnazione quanto il conguaglio possiedono la medesima valenza funzionale e sono, dunque, entrambi sottratti all’area delle contrattazioni sinallagmatiche commutative equiparabili agli acquisti della comunione legale. Il riconoscimento, a carico di uno dei condividenti, dell’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio persegue il mero effetto di perequazione del valore delle rispettive quote, muovendo nell’ambito di attuazione del diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione. Ciò giustifica la riconduzione del loro titolo ad un unico momento genetico, da rinvenire nella vicenda mortis causa che ha dato origine alla comunione ereditaria".

La sentenza in commento, che in realtà si occupa di divisione giudiziale, ma nulla vieta di trasporre le conclusioni cui perviene anche in sede di divisione volontaria, puntualizza che il giudice chiamato a disporre la divisione della comunione, il quale ponga a carico di uno dei condividenti l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequazione del valore delle rispettive quote, muovendo nell’ambito di attuazione del diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione medesima.

A definizione del caso sottoposto alla sua attenzione, la Suprema Corte giunge ad affermare che il bene assegnato a titolo di divisione ereditaria a un condividente, il quale sia coniugato in regime di comunione legale dei beni, deve considerarsi escluso da detta comunione, anche qualora l’assegnatario abbia versato ai condividenti un conguaglio in denaro. La decisione in commento origina dal conflitto tra due coniugi, coniugati in regime di comunione legale dei beni, e ha ad oggetto la titolarità di un bene assegnato alla moglie in sede di divisione ereditaria. In particolare, la moglie aveva ereditato, per successione legittima della madre e testamentaria del padre, una quota indivisa di un fabbricato di elevato valore. In sede di scioglimento della comunione – rectius, delle comunioni – esistente con i fratelli, il Tribunale di Roma attribuiva alla moglie l’intera proprietà dell’appartamento, con l’obbligo di corresponsione agli altri coeredi di una elevata somma di denaro a titolo di conguaglio.
Assolto l’obbligo di conguaglio, la medesima aveva provveduto a trascrivere unicamente a suo favore l’acquisto del bene, benché fosse già coniugata in regime di comunione legale dei beni. Il marito, a seguito della separazione, agiva in giudizio chiedendo che venisse accertato e dichiarato che la quota corrispondente al valore del conguaglio (73,49%) era caduta in comunione legale e che dunque la frazione di ½ della detta quota doveva ritenersi di sua titolarità, a seguito dello scioglimento della comunione medesima. Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda e la moglie proponeva appello. La Corte d’Appello di Roma riformava la decisione resa in primo grado, evidenziando come il pagamento del conguaglio non fosse assimilabile all’adempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo. Conseguentemente, il versamento di un conguaglio pari al controvalore della quota del 73,49% non poteva determinare la devoluzione del bene alla comunione legale tra i coniugi. In particolare, la Corte conferiva efficacia dichiarativa alla divisione, anche in presenza di conguaglio, e concludeva affermando che l’acquisto della quota doveva ricondursi al testamento del padre della convenuta.
Detto acquisto, dunque, era da considerarsi effettuato a titolo personale ai sensi dell’art. 179, comma 1, lett. b), c.c. e, per tale ragione, estraneo alla comunione legale. Avverso la decisione della Corte d’Appello gli eredi del marito ricorrevano in Cassazione. La moglie ha depositato controricorso chiedendone il rigetto. La sentenza in commento, confermando la decisione di secondo grado, afferma che il giudice chiamato a disporre la divisione della comunione ereditaria, il quale ponga a carico di uno dei condividenti l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio, persegue il mero effetto di perequare il valore delle rispettive quote, collocandosi nell’ambito dell’attuazione al diritto potestativo delle parti allo scioglimento della comunione ereditaria.