DIRITTO SANITARIO

PERSONALE SANITARIO E RIFIUTO DI SOTTOPORSI ALLA VACCINAZIONE ANTI-COVID19: CONSEGUENZE.

1) in base alle disposizioni del T.U. sulla sicurezza del lavoro (D .lgs. 81/2008), il Medico Competente potrà pronunciare, nei loro confronti, giudizio di inidoneità alla mansione specifica;

2) in base all'art. 2087 c.c., il Datore di lavoro sarà legittimato a collocare in ferie retribuite i lavoratori;

3) ove i Lavoratori avessero esaurito il periodo di ferie, il Datore di lavoro, prima di procedere alla sospensione o al licenziamento per giusta causa , dovrà verificare la possibilità di adibirli ad altra mansione, anche se inferiore.

Sul punto si è di recente espresso il Tribunale di Belluno con Ordinanza n. 12/2021 r.g. del 19.03.2021, resa all'esito di un giudizio cautelare ex art. 700 c.p.c..

Il Giudice, nel ricordare il disposto dell’art. 2087 c.c., secondo cui l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure, le quali, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, ha poi sottolineato che "è ormai notoria l’efficacia del vaccino per cui è causa nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus SARS. CoV-2, essendo notorio il drastico calo di decessi causati da detto virus, fra le categorie che hanno potuto usufruire del suddetto vaccino, quali il personale sanitario e gli ospiti di rsa, nonché, più in generale, nei Paesi, quali Israele e gli Stati Uniti, in cui il vaccino proposto ai ricorrenti è stato somministrato a milioni di individui”.

Nel caso specifico, il Giudice ha poi rilevato che i ricorrenti sono impegnati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro ed è pertanto evidente il rischio per i ricorrenti medesimi di essere contagiati, affermando che “la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 cc.” e “che è ormai notorio che il vaccino per cui è causa – notoriamente offerto, allo stato, soltanto al personale sanitario e non anche al personale di altre imprese, stante la attuale notoria scarsità per tutta la popolazione – costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia”.

Nella fattispecie, i ricorrenti sono stati messi in ferie dal datore di lavoro: il che, secondo il giudice del lavoro, è legittimo, perché, conclude il giudice, nella gestione del diritto alle ferie, nel caso di specie l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all’art. 2087 cc. prevale sull’eventuale interesse del prestatore di lavoro di usufruire di un diverso periodo di ferie.

Qualora i lavoratori avessero esaurito il periodo di ferie loro spettante e non si fossero sottoposti al vaccino, l’art. 279, comma 2, lett. b), del TU 81/2008, stabilisce che, in caso di inidoneità del lavoratore espressa dal Medico competente, il Datore di lavoro potrebbe disporre l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procure di cui all’art. 42; dette procedure stabiliscono che il lavoratore, inidoneo alla mansione specifica, possa essere adibito ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute e anche a mansioni inferiori, conservando però la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria.

Quindi, in presenza di lavoratori non vaccinati, il datore di lavoro dovrebbe preventivamente verificare la possibilità di adibire tale lavoratore a mansioni diverse anche inferiori. Ciò prima di pervenire ad una sospensione o addirittura ad un licenziamento per giusta causa.