DIRITTO TRIBUTARIO

OMESSO O RITARDATO VERSAMENTO DELLE IMPOSTE: COVID-19 E FORZA MAGGIORE

 

La crisi pandemica (Covid-19) può configura una causa di forza maggiore da cui potrebbe conseguire, ove dimostrato, la non applicabilità delle sanzioni tributarie nel caso di omessi o ritardati pagamenti.

La CTP di Lecce, con una sentenza che si aggiunge ad un consolidato indirizzo di merito in materia, ha ritenuto non dovute le sanzioni irrogate perché l’omesso versamento delle imposte accertate era da imputare alla permanente crisi di liquidità in cui verteva la società in conseguenza dei cronici e persistenti ritardi ed omissioni da parte di alcuni Comuni nei pagamenti dei corrispettivi dovuti.

In considerazione di tale massima, si ritiene che tale principio possa trovare, per analogia, applicazione nell’attuale contesto storico-economico interessato dalla crisi pandemica ove le società, a causa danni economici e fiscali da questa causati, con molta probabilità saranno inadempimenti per i versamenti dovuti.

L’importante sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce – Sez. 1, n. 762/1/2021, pronunciata il 27 aprile 2021 e depositata il 07 maggio 2021, rappresenta uno spunto di riflessione per affrontare un tema quanto mai attuale, soprattutto alla luce del periodo storico che stiamo vivendo: la causa di forza maggiore.

In particolare, l’impatto della pandemia da Covid-19 ha registrato dure ripercussioni, oltre che sanitarie e sociali, anche a livello finanziario ed economico, sia in ambito nazionale che globale, i cui effetti negativi si protrarranno ben oltre il 2021.

In questo contesto, occorre interrogarsi sulla possibilità che la pandemia configuri una causa di forza maggiore e sul perimetro applicativo della previsione in base alla quale non può essere sanzionato chi ha commesso il fatto a causa di forza maggiore, fermo restando l’obbligo di pagare l’imposta (articolo 6, comma 5, del Dlgs 472/1997). In altri termini, è lecito chiedersi se la diffusione pandemica integri la forza maggiore e, quindi, se l’esimente della forza maggiore sia invocabile nel caso di crisi determinata dal Covid-19.

A riguardo, la Corte di Cassazione, Sez. V, con l’ordinanza n. 8175 del 22.03.2019, ha evidenziato che “…la giurisprudenza unionale ha chiarito che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria e fiscale, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (si vedano: Corte giust., C/314/06, punto 24, nonche’ Corte giust., 18 gennaio 2005, causa C-325/03 P, Zuazaga Meabe/UAMI, punto 25). Rilevano dunque non necessariamente circostanze tali da porre l’operatore nell’impossibilita’ assoluta di rispettare la norma tributaria bensi’ quelle anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, pero’, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (Corte giust., 15 dicembre 1994, causa C195/91 P, Bayer/Commissione, punto 31, nonche’ Corte giust., 17 ottobre 2002, causa C-208/01, Parras Medina, punto 19)”.

Tanto premesso, ragionando per analogia, ci si chiede se si può ricomprendere la crisi pandemica da COVID-19 tra le cause sussumibili nella forza maggiore e, in particolare, se l’attuale stato di emergenza possa essere considerato una "causa di forza maggiore", che porterebbe alla non applicazione delle sanzioni in caso di mancato versamento dei tributi dovuti.

Sul punto, giova rammentare che, se da un lato l’ordinamento italiano non fornisce una precisa definizione di forza maggiore (vis maior cui resisti non potest); dall’altro la giurisprudenza ritiene che essa si presenti come un particolare impedimento allo svolgimento di una certa azione tale da rendere vano ogni sforzo dell’agente per il suo superamento. Tale impedimento deve inoltre essere non imputabile al debitore.

In ambito tributario, la figura della “forza maggiore” è stata codificata dal Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 6, comma 5, (recante “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”), come “causa di non punibilità” del contribuente che abbia commesso un fatto integrante l’infrazione di una norma tributaria.

Prima di addentrarci nella disamina della specifica ipotesi della forza maggiore, si evidenzia che l’art. 6, D.Lgs. 472/1997, rubricato “cause di non punibilità”, elenca le cause per le quali una violazione non debba essere punita, trattasi:

- dell’errore sul fatto: “Se la violazione è conseguenza di errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da colpa. Le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima non danno luogo a violazioni punibili. In ogni caso, non si considerano colpose le violazioni conseguenti a valutazioni estimative, ancorchè relative alle operazioni disciplinate dal decreto legislativo8 ottobre 1997, n. 358, se differiscono da quelle accertate in misura non eccedente il cinque per cento”.

Si precisa che l’applicazione in ambito tributario di tale esimente è rara. Nell’alveo applicativo, infatti, non rientra l’errore di diritto, corrispondente all’errata sussunzione della fattispecie effettiva. Nella prassi, viene citato il caso del contribuente che, redigendo la dichiarazione di successione, omette l’indicazione di taluni beni in quanto ne ignora l’esistenza. Per espressa disposizione di legge, si considerano errori sul fatto i comportamenti atti a violare disposizioni di legge tenuti nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili ovvero le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima (art. 6, co. 1,D.Lgs. 472/1997);

- delle obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali le violazioni si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento (art. 6, co. 2, D.Lgs. 472/1997);

- del mancato pagamento dovuto per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi (a titolo di esempio si considerino le vittime dell’usura (Cass. 2 luglio 2008, n. 18074) (art. 6, co. 3, D.Lgs. 472/1997);

- delle violazioni di carattere formale - “l’ignoranza della legge tributaria non rileva se non si tratta di ignoranza inevitabile” - (art. 6, co. 4, D.Lgs. 472/1997);

- delle cause di forza maggiore (art. 6, co. 5, D.Lgs. 472/1997);

- delle violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo (art. 6, co. 5-bis, D.Lgs. 472/1997).

Quest’ultima previsione, in particolare, individua due condizioni in negativo (che devono sussistere congiuntamente) per la non sanzionabilità:

1) la violazione non deve arrecare pregiudizio all’azione di controllo;

2) la medesima violazione non deve incidere sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.

In ambito tributario, l’esimente della forza maggiore è stata oggetto di un’attenta rielaborazione da parte della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass., Sez. 5, 22 settembre 2017, n. 22153; Cass., Sez. 6, 8 febbraio 2018, n. 3049; Cass., Sez. 5, 22 marzo 2019, n. 8175), anche e soprattutto sulla scorta della giurisprudenza euro-unitaria.

In proposito, si è affermato che la nozione di forza maggiore in materia tributaria e fiscale – da interpretarsi in modo conforme con la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 18 dicembre 2007, causa C-314/06, punto 24, e con l’ordinanza resa dalla Corte di Giustizia il 18 gennaio 2005, causa C-325/03, punto 25 – comporta la sussistenza contestualmente di:

- un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore;

- un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.

Peraltro, è stato, altresì, evidenziato che la nozione di forza maggiore non si limita all’impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (sul punto cfr. la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 15 dicembre 1994, causa C-95/91, punto 31, e la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 17 ottobre 2002, causa C-208/01, punto 19).

Quanto fin qui affermato è stato, da ultimo, ribadito dalla stessa Agenzia delle Entrate che si è pronunciate sulla forza maggiore nella Circolare 8/E/2020 (risposta 1.7), la quale ha fatto menzione sia della succitata ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 5, del 22/03/2019, n. 8175 nonché della circolare 180/1998 del Ministero delle Finanze secondo cui “per forza maggiore si deve intendere ogni forza del mondo esterno che determina in modo necessario e inevitabile il comportamento del soggetto. Si può ipotizzare un’interruzione delle comunicazioni, in conseguenza di eventi naturali, tale da impedire di raggiungere il luogo ove il pagamento può essere eseguito anche se, in casi del genere, come nel caso di sciopero che impedisca l’esecuzione dell’adempimento dovuto, la causa di forza maggiore viene di solito accertata con apposito decreto”.

Pertanto, sotto il profilo naturalistico, in ambito tributario la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate (Cass., Sez. 5, 22 settembre 2017, n. 22153; Cass., Sez. 6, 8 febbraio 2018, n. 3049; Cass., Sez. 5, 22 marzo 2019, n. 8175).

Alla luce delle considerazioni suesposte e della giurisprudenza di merito in relazione alla non debenza delle sanzioni, si ritiene che, a fronte di una situazione di conclamata difficoltà, attestata non soltanto dall’emergenza sanitaria in atto, ma anche da atti comprovanti la concreta situazione di difficoltà delle imprese

, la crisi pandemica da COVID-19 possa essere ricompresa tra le cause sussumibili nella forza maggiore, quale causa di non punibilità di cui al citato art. 6, n. 5), del D.Lgs. n.472 del 1997.

D’altronde, non può non rilevarsi che la pandemia da COVID-19 è un evento causale di gravità tale da avere richiesto, sin dal 31 gennaio 2020, la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri. Ad ulteriore conferma di tale impostazione, sovviene l’art. 56 del D.L. n. 18 del2020 (convertito in legge, con modifiche, dalla L. 24.04.2020, n. 27, con decorrenza dal 30.04.2020), intervenuto proprio al fine di introdurre misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza sanitaria in corso, che al primo comma così dispone “ai fini del presente articolo l’epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”. In altri termini, la definizione che il Legislatore ha dato dell’evento, coincide, in sostanza, con la causa di forza maggiore, indicata dalla Suprema Corte, come di un fatto «imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile al contribuente».

 

CONCLUSIONI

In conclusione, è innegabilmente che la pandemia da Covid-19 rappresenti un evento tanto anomalo quanto imprevedibile, tale da determinare effetti esogeni anche dirompenti sulla gestione della liquidità aziendale. Tuttavia, in applicazione dei principi suesposti, per invocare l’esimente della forza maggiore contro l’irrogazione delle sanzioni per gli omessi pagamenti del debito tributario, occorre che sussistano, congiuntamente, l’elemento oggettivo (che, nel caso di specie, parrebbe accertato, anche alla luce dei molteplici interventi normativi che ne hanno sancito il carattere di straordinarietà) nonché l’elemento soggettivo, dimostrando l’impossibilità di fronteggiare detta crisi tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto (quali, ad esempio, il ricorso a finanziamenti). In particolare, il contribuente per invocare l’esimente citata dovrà dare prova del fatto che pur avendo posto in essere tutte le azioni, non gli è stato possibile reperire le risorse necessarie ad adempiere l’obbligazione tributaria su di lui gravante, per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili.

In altri termini, in ipotesi di controversie relative a omessi e/o ritardati pagamenti, si ritiene che il ricorrente in sua difesa possa invocare l’esimente della forza maggiore contro l’irrogazione delle sanzioni per gli omessi pagamenti del debito tributario, purché dia prova sia della non imputabilità a se stesso della crisi economica in cui versa (e, nel caso di specie, nessun dubbio può porsi in tal senso), sia di aver adottato «adeguati assetti», premunendosi contro le conseguenze dell’evento anormale e adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (1).


TESTO INTEGRALE SENTENZA

(1) fonte: Diritto.it